sabato 28 maggio 2022

Contro il referendum del 12 giugno astensione dal voto

 

Perché questi 5 referendum, a cosa servono, a chi giovano?

Il quesito n. 1. Abrogazione della legge Severino

La Legge Severino prevede incandidabilità, ineleggibilità e decadenza automatica per i parlamentari, per i rappresentanti di governo, in caso di condanna con sentenza definitiva per reati non colposi con pena superiore a due anni di reclusione. Anche per gli amministratori regionali, per i sindaci o altri amministratori locali è prevista l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza automatica per coloro che hanno riportato condanna definitiva per reati gravi (come la partecipazione ad associazioni mafiose, o altri fatti gravi) o per reati meno gravi quando si tratta di “delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio”.

In realtà il quesito referendario vuole cancellare l'intera legge mostrando la diffusa insofferenza del ceto politico per il controllo di legalità e danneggia fortemente l’interesse dei cittadini sulla correttezza dell’agire pubblico.

Il quesito n. 2. Limitazione delle misure cautelari

Prevede l'abrogazione dell'art. 274 comma 1 lett. c) del codice di procedura penale con riferimento alla parte in cui consente di portare in carcere una persona sotto processo, se vi è il rischio che possa commettere un reato della stessa specie di quello per cui si procede.

L’abolizione di tutte le misure cautelari nel caso di pericolo di reiterazione dei reati ha l’effetto di smantellare ogni forma di contrasto alle attività criminali in corso. Non potranno più essere emesse misure come l’allontanamento di persone indesiderate e pericolose), o il divieto di avvicinamento nei luoghi frequentati dalla persona offesa (nel caso di stalking), oppure l’obbligo di soggiorno o il divieto di soggiorno. L’impossibilità di interrompere gli atti persecutori favorisce lo sbocco in atti di violenza letale. L’approvazione del quesito favorirebbe la posizione dei responsabili dei reati, rendendo meno incisivo nei loro confronti il controllo di legalità. Per raggiungere questo risultato si indebolisce la legalità anche nei confronti di tutti gli altri, esponendo le vittime dei reati a rischi non altrimenti evitabili.

Il quesito n. 3.Separazione delle carriere-Separazione delle funzioni dei magistrati

In caso di voto favorevole al quesito referendario, il magistrato dovrà scegliere all'inizio della carriera la funzione giudicante o requirente, per poi mantenere quel ruolo durante tutta la vita professionale.

Attualmente la magistratura giudicante (giudici) e quella requirente (pubblici ministeri) fanno parte dello stesso ordine, e il Pubblico Ministero gode delle stesse garanzie di indipendenza del giudice con il quale condivide il medesimo status giuridico. L’esigenza di ricondurre il Pubblico Ministero sotto il controllo del potere politico è una tentazione ricorrente nel mondo politico, ma si scontra con il dettato costituzionale. La legge attuale già stabilisce una netta separazione delle funzioni fra magistratura giudicante e magistratura requirente, con la conseguenza che il passaggio dalla funzione requirente a quella giudicante, e viceversa, è già soggetta a delle forti limitazioni.

Se approvato il quesito avrà come unico effetto quello di allontanare il Pubblico Ministero dalla cultura della giurisdizione e creare le premesse perché, in seguito, con una riforma costituzionale possano di nuovo essere riproposte forme di controllo politico sull’esercizio dell’azione penale. In tal modo nascerebbe una cultura dell’indagine e dell’accusa autonoma, sganciata da ogni vincolo giuridico. La netta separazione delle carriere fra Pubblico Ministero e Giudice Istruttore pone il pesante rischio di giungere ad un sistema di tipo americano ove il PM è fortemente influenzato dal potere politico.

Il quesito n°4 Valutazione della professionalità dei magistrati-Consigli giudiziari

Il quesito chiede che la componente laica del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione e dei Consigli giudiziari non sia esclusa dalle discussioni e dalle valutazioni che hanno a che fare con la professionalità dei magistrati. Si prevede che anche i membri cosiddetti "laici", cioè avvocati e professori, possano partecipare attivamente alla valutazione dell'operato dei magistrati nell'ambito del Consiglio giudiziario territoriale (ora solo spettante ai magistrati).

Attualmente I magistrati vengono valutati dal Csm ogni quattro anni sulla base di pareri motivati, ma non vincolanti, elaborati dal Consiglio direttivo della Corte di Cassazione e dai Consigli giudiziari. Entrambi questi organi hanno composizione mista: oltre ai membri che ne fanno parte per diritto, sono formati da alcuni magistrati e poi da alcuni membri laici, cioè avvocati e in alcuni casi professori universitari in materie giuridiche. Avvocati e docenti partecipano come gli altri membri all’elaborazione di pareri su diverse questioni tecniche e organizzative, ma sono esclusi dai giudizi sull’operato dei magistrati, in base ai quali, poi, il Csm dovrà procedere per fare le valutazioni di professionalità. Solo i magistrati, dunque, hanno oggi il compito di giudicare gli altri magistrati.

Non è opportuno affidare un ruolo attivo agli avvocati nel redigere pareri sui magistrati di cui, all’interno dei processi, rappresentano la controparte. Il rischio sarebbe quello di valutazioni preconcette o ostili. Dall’altra parte, potrebbero esserci conseguenze anche per i magistrati stessi se durante un processo si trovassero di fronte all’avvocato che poi potrà esprimere un parere molto importante sul suo lavoro e che avrà conseguenze sulla sua carriera professionale. Insomma, la modifica potrebbe mettere in discussione l’imparzialità del giudice.

Il quesito n° 5 ELEZIONI TOGATI. (CSM art, 104 Cost.)

Il quesito riguarda le norme che regolano l’elezione dei cosiddetti membri togati del Consiglio superiore della magistratura, cioè quelli che sono a loro volta magistrati, modificando in particolare le modalità di presentazione delle candidature. Se oggi un magistrato si vuole proporre come membro del Csm deve raccogliere almeno 25 firme di altri magistrati a sostegno della sua candidatura.

Se vincesse il “sì” decadrebbe l’obbligo della raccolta firme e si tornerebbe alla legge originale che dal 1958 regola il funzionamento del Csm: il singolo magistrato potrebbe cioè presentare la propria candidatura in autonomia e liberamente senza il supporto di altri magistrati e senza, soprattutto, l’appoggio delle “correnti” politiche interne al CSM.

 In realtà l’eliminazione dell’obbligo di presentare le firme non può essere risolutiva rispetto alla questione delle correnti, in quanto il referendum interviene su una questione minima che non porterebbe a cambiamenti rilevanti. INFATTI non c’è legge elettorale che non preveda la presentazione di candidature in base a raggruppamenti. La stessa Costituzione riconosce la libertà di associarsi in “partiti” (articolo 49 COST.), che svolgono una funzione di necessaria mediazione. Nella magistratura questa funzione di mediazione era svolta dalle “correnti” (e continuerà a essere svolta, anche se si cambierà il nome, da inevitabili forme di associazione, che si realizzeranno intorno ad interessi).

CONLUSIONI:

Il quorum: Per raggiungere il quorum dovranno votare la maggioranza (50%+1) degli aventi diritto al voto e si dovrà raggiungere la maggioranza (50%+1) dei voti validamente espressi.

Da questa disamina si deduce che questi referendum vogliono ulteriormente ingabbiare i giudici e relegarli ad una mera funzione di firmatari di sentenze già preordinate, inoltre vogliono annacquare l’autonomia della magistratura e renderla ancor più dipendente dal potere politico. Per questo noi diciamo di boicottare questi referendum per non far raggiungere il quorum necessario per l’approvazione. Le riforme vanno gestite dalle future assemblee popolari e non da improvvisati che attualmente vogliono scardinare quel po’che resta della autonomia giudicante dei giudici e metterli sotto controllo .

Per essere più chiari :

Dal momento che chi “ci governa” e chi “ci rappresenta in Parlamento” fa e disfa come gli pare: decide su sanzioni e sulla guerra, sulle pandemie, vaccinazioni obbligatorie, multe, discriminazioni, disoccupazione per avviarci verso una catastrofe incombente. Ormai abbiamo la convinzione che loro non abbiano capito che noi cittadini, al contrario di loro sappiamo benissimo quali sono le loro intenzioni. Loro continuano a non rendersi conto che mentre fanno e disfano stando nel loro “mondo a parte”, noi nel mondo reale ci stiamo davvero e davanti a quella scadenza non possiamo che sentirci presi per i fondelli. Ragion per cui ci sembra molto opportuno mandargli a dire: “Signori, visto che continuate a suonare per conto vostro, mettetevi pure a ballare!”

 L'astensione del voto al referendum è una dimostrazione di dissenso verso le politiche governative avvallate da un parlamento al suo servizio. Con questo referendum vogliono ingabbiare quei pochi giudici che hanno emesso sentenze contro i loro decreti legge anticostituzionali. Se si analizzano bene gli effetti che i 5 quesiti (se passano) possono produrre andremo incontro ad una vera débacle della legalità.

Occorre ricordare che il referendum è solo abrogativo e il governo e parlamento, che abbiamo, faranno altre leggi per riempire il vuoto legislativo, leggi che non leveranno la corruzione perché essa nasce da un potere esterno che detta l’agenda politica da seguire. Per levare la corruzione occorrono metodi strutturali costituzionalmente congeniati e selezione del personale fatta con altri criteri. Quello che è chiaro è che vogliono eliminare l'autonomia della magistratura e fare in modo che i giudici dipendano direttamente dai poteri politici. E' la fine della democrazia quando viene a mancare la separazione dei poteri: fra esecutivo, legislativo (parlamento) e giudiziario. 

Detto in altri termini: se i governanti e i cosiddetti rappresentanti, del tutto avulsi dalla realtà, OSANO INTERPELLARCI su certi argomenti  e su altri NO, CI PARE CHE L’ASTENSIONE IN MASSA DALLE URNE SIA LA RISPOSTA POLITICA PERFETTA. CHI VOTA PER I CONSIGLI COMUNALI NON RITIRI LA SCHEDA DEL REFERENDUM.

Mandiamo un messaggio chiaro: NON SI RAGGIUNGA IL QUORUM E FALLISCA LA FARSA.

 

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