L'ex generale dell'esercito americano Wesley Clark
spiega la strategia di Washington nel 2007:"Elimineremo sette paesi in cinque anni: Iraq,
Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan – e finiremo con l'Iran". #Syria #US (Ci hanno messo più tempo ma sono arrivati
all'obiettivo Syria poi sarà la volta dell'Iran)
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DA:
Guerra in Medio Oriente, si avverano le dichiarazioni
del generale Wesley Clark dopo 11 Settembre: “Ci prenderemo 7 Paesi”
In una conversazione avvenuta nei corridoi del
Pentagono, Clark apprese di un piano segreto per “eliminare sette paesi in
cinque anni”. Questa rivelazione, avvenuta nel 2007, sollevò molte domande
sulle reali motivazioni della “Guerra al Terrore” e sulla competenza dei
funzionari coinvolti.
A vent’anni dagli "attentati dell’11
settembre", le parole di Clark risuonano ancora come un monito. Ricordare
questi eventi è fondamentale per comprendere le dinamiche geopolitiche attuali
e le conseguenze delle decisioni prese allora. La guerra in Iraq, iniziata nel
2003, è stata solo il primo passo di una serie di interventi militari che hanno
avuto ripercussioni significative in tutto il Medio Oriente e oltre.
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Le
milizie jihadiste con a capo Mohammad al-Jolani occupano la Syria
Per la Syria hanno usato i soliti ribelli e corruzione
per finire di gettare nel disordine il paese che è un importante snodo
geopolitico per il passaggio di #merci, #materieprime e #idrocarburi ed è anche la via per
attaccare l'Iran. La Russia non ha potuto farci niente: l'esercito
siriano non ha opposto resistenza per la lunga guerra diffusa nel territorio a
macchia di leopardo e per la massiccia entrata in campo di ingenti forze
jihadiste armate di tutto l'armamentario necessario per bloccare ogni possibile
resistenza. Putin cercherà di trattare col nuovo governo per mantenere le basi navali.
I jihadisti hanno avuto gioco facile ad abbattere le milizie fedeli ad Assad infatti se consideriamo i tempi fra la tregua in Libano e l’offensiva dei mercenari contro la Syria si nota un tempismo sospetto, quasi una comunione d’intenti. Considerando i fatti a bombardare la Siria di Assad e a indebolirne la capacità di resistenza è stata, nell’ultimo anno, proprio Israele a cui non fa una piega avere un legame con un regime islamista alle porte di casa nella logica di un rafforzamento della “fortezza assediata” cara a Benjamin Netanyahu.
L’obiettivo, da lungo tempo avviato per destabilizzare quell'area,
perseguito principalmente dallo stato di Israele, dagli Usa e dalla
Turchia, è stato raggiunto. Cadendo Assad, al suo posto arriveranno i terroristi, gli estremisti islamici, i cosiddetti “tagliagole”. Adesso ci sarà il caos più totale che è quello che serve alle forze economiche "occidentali" che fanno leva sul terrorismo per far avanzare nel mondo i propri interessi. Il loro modo di agire non cambia è una costante storica del capitalismo e della finanza internazionale.
Adesso a capo delle milizie jihadiste c'è Abu Mohammad
al-Jolani un terrorista sulla cui testa dal 2013 pendeva un taglia da 10
milioni di dollari per ripetuti crimini di guerra commessi tra Siria e Iraq.
Ora invece è considerato un liberatore da chi lo ha finanziato e come i leader
dei Talebani, propugna un islamismo nazionale e di governo. Intanto Netanyahu
approfitta del caos in Siria per occupare la zona smilitarizzata adiacente alle
alture del Golan, affermando che l’accordo di disimpegno del 1974 con la Siria
“è crollato”. Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno preso il controllo della zona cuscinetto del Golan. Questa operazione è giustificata da Israele come misura preventiva "per garantire la sicurezza"; l'occupazione dell'area del Golan è avvenuta mentre la Siria affronta il vuoto di potere seguito alla caduta di Bashar al-Assad e alla presa di Damasco da parte delle forze jihadiste.