martedì 17 agosto 2021

Afghanistan, Kabul cade, Cina pronta a fare affari coi talebani


Dopo il ritiro degli Usa e delle forze Nato avviato il 2 luglio scorso, i Talebani con una fulminea campagna militare hanno riconquistato in pochi giorni il Paese, fino alla capitale Kabul caduta tra la notte del 14 e il 15 agosto, con la fuga del presidente della Repubblica islamica dell'Afghanistan Ashraf Ghani. Gli stessi talebani hanno annunciato la rinascita dell'Emirato Islamico. L'aereo Kc767 dell'Aeronautica Militare con 74 persone a bordo proveniente da Kabul è atterrato a Fiumicino alle 14.28. Sull'aereo diplomatici ma anche giornalisti e semplici cittadini che hanno risposto all'appello del nostro Ministero degli Esteri a lasciare Kabul. Con loro anche collaboratori afghani che hanno lavorato con il nostro contingente e in ambasciata.

Kabul nelle mani dei talebani. In molti cercano rifugio nell'aeroporto della capitale ancora presidiato dagli statunitensi, nella speranza di prendere un volo e fuggire dal paese. Nella notte, anche un volo militare italiano è partito con a bordo il personale diplomatico e una ventina di afgani collaboratori della nostra ambasciata. Dopo vent'anni si conclude così la missione afgana internazionale; il ritiro delle truppe Usa e l'avanzata rapidissima dei talebani che ora pattugliano la Zona Verde di Kabul, sancta sanctorum della missione Nato e delle sedi diplomatiche occidentali. Se i diritti di tutti sono a rischio, in pericolo sono soprattutto le donne sotto un regime religioso estremista e repressivo. Studio, lavoro, libertà di circolazione per loro scompaiono. Anche noi nel governo abbiamo i nostri talebani che impongono il lasciapassare per lavorare, studiare, viaggiare, sedersi in un locale, avere accesso all'interno di luoghi pubblici; in pratica ci vogliono imporre una certificazione per avere il diritto di vivere. Che fare? Disconoscere il regime talebano, continuare a mantenere una parvenza di cooperazione? Di fronte alle incertezze occidentali, la Cina ha già stabilito da tempo la sua politica commerciale e strategica. La portavoce del ministero degli Esteri spiega che quarant'anni di guerra sono troppi, che la Cina rispetta il diritto del popolo afgano a determinare il proprio destino; l'ambasciata di Pechino - come del resto quella di Mosca - resta regolarmente aperta.
"I talebani afgani hanno ripetutamente espresso la loro speranza di sviluppare buoni rapporti con la Cina, e attendono la partecipazione cinese nella ricostruzione e nello sviluppo dell'Afghanistan; non consentiranno a nessuno di usare il territorio afgano per mettere a rischio la Cina".
Il gigante cinese non ha paura degli estremisti, che del resto hanno buoni argomenti: il denaro. Le analisi internazionali calcolano che i talebani abbiano un bilancio annuale di quasi un miliardo di dollari. Fra le entrate, il traffico dell'oppio, le ricche miniere delle montagne afgane, le decime imposte ai contadini, e le donazioni internazionali anche da cittadini privati in Arabia, Pakistan, Iran e altri paesi del Golfo. 
------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Oggi, in Afghanistan, noi assistiamo evidentemente a questo: il crollo di un castello di carte. Il crollo di un paese che è parte integrante di un’intera area – quella dei paesi asiatici il cui nome termina per <stan> – priva di sbocchi sul mare e che per ragioni commerciali di accesso ai mercati internazionali ha dipeso e dipende dagli accordi protettivi sia NATO che SCO. La SCO è un’organizzazione che comprende otto paesi: Russia, Cina, India, Pakistan, Kazakhstan, Uzbekistan, Tajikistan e Kirghizistan. In modo assai semplicistico, ma efficace, diremo allora che, nel corso dell’ultimo decennio, la forza militare ed economica della SCO è progressivamente aumentata, sia in sé e per sé che in contrasto alla corrispondente diminuita forza dei paesi della NATO.  
Pertanto, il ritiro delle truppe NATO dall’Afghanistan e l’avanzata delle truppe talebane mostrano l’evidenza dello status quo dell’intera area centroasiatica: la mancanza di convergenza tra forze autoctone e di conseguenza il crollo di un castello di carte. L’evento odierno, riportato con grande clamore da tutti i media occidentali, per noi occidentali dovrebbe risuonare piuttosto come un monito.

Continua: https://www.pensalibero.it/lo-strano-caso-afghano/

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 

Nessun commento:

Posta un commento