CARLO CALENDA E I SOGNI
IN-FRANTI DI MATTEO
Enrico Bottini, in arte
Carlo Calenda, proprio lui, quel bambino che faceva sempre i compiti, non si
rosicchiava le unghie e non tirava calamai in faccia al maestro, e scriveva
letterine compunte alla mamma affranta, chiedendo perdono per essere stato un
tantino maleducato, è cresciuto. Laureato, manager, ministro, rappresentante
permanente dell’Italia presso l’UE, tesserato Pd ed in un lampo al vertice del
Partito, carriera fulminea.
“Enrico, Enrico”, scriveva
la mamma,” ieri ti ho visto! Eri accanto al tuo compagno Matteo, povero Matteo!
Lui ti aveva teso la mano e tu, dopo avergliela stretta, di soppiatto te la sei
pulita sui jeans nuovi di zecca che ti avevo comprato per andare a Chieri, a
fare l’assemblea operaia all’Embraco! Che dolore, vergognati! Non si trattano
così i tuoi genitori che col sudore della fronte ti comprano i jeans nuovi! Intanto
andare a fare l’assemblea operaia non ti si confà, poi ti avevo detto di non
dare la mano a nessuno per precauzione ma tu non obbedisci alla tua mamma! Sì,
perché a prescindere dal fatto che quel povero Matteo è stato, come dire,
trombato di brutto, lui contava su di te e ti aveva mandato a studiare a Bruxelles, nominato Ministro, capisci, Ministro! Tu sei un ingrato, figlio mio,
e dovresti vergognarti e pentirti, sì, pentirti e chiedergli scusa.”-La tua mamma-
“Cara Mamma, non sono
pentito affatto e ti spiego perché: ho solo fatto i compiti, quelli che mi
avevano dato alla scuola di Bruxelles. Mi avevano detto, Enrico torna a casa e
guarda come va. Matteo deve presentarsi agli esami e preghi Iddio di passare,
perché se non passa…….fa le valige e torna a Ramengo. OK? Io avevo risposto che
lui non abita a Ramengo ma a Pontassieve, ma a loro non interessava tanto dove
andasse purché si togliesse dai maroni. Va bene. Ma io cosa devo fare? chiesi molto
educatamente come mi hai insegnato tu, aggiungendo anche un inchino. Al che, quei Maestri, soggiunsero che avrei
dovuto fidarmi di certi amici con cui erano già in contatto, tutti insieme
avremmo dovuto prendere Matteo, i suoi vasi di gigli e la fedele Blondie, e
farli sgomberare. Tu sai che se i
Maestri mi danno un compito ……Mi sono irrigidito sull’attenti, ho battuto i
tacchi, e ho detto Gehorchen! Jawoll! Mi sono comportato bene, mamma? Dunque al
ritorno trovata la situazione disastrosa, non ho potuto fare diversamente: Matteo
hai fatto uno schifo di compiti, hai fatto il buffone, hai rubato le merendine,
hai tirato un altro calamaio, dalla classe sono scappati tutti!........Ma no, dice
lui….è rimasta la Blondie!
Era vero, la lupa Blondie
gli leccava la marmellata sulle mani.
Ora mamma dimmi tu cosa potevo fare: gli ho stretto la mano sì, ma senza
farmi vedere me la sono ripulita un po’ sul didietro. Però poi gli ho detto:
senti Matteo ora basta. O ti cheti e ti metti buono in riga con tutti gli altri
………la pianti di fare il buffone, oppure è un problema tuo , a me non interessa,
vai a Ramengo o a Lastra a Signa, ma nel banco in prima fila, quello del capoclasse
non ci stai più. OK? Hai rovinato tutto, la scuola intera è un casino, ci
bocciano tutti! Qui salta tutto per aria!
Ovvero non gli ho detto “Lastra a Signa”
perché i Maestri mi hanno insegnato alcune parole che non oso ripetere a te, ma
sono efficaci e convincenti, tant’è vero che lui ha preso il guinzaglio, i
gigli, la Blondie, anche il suo pupazzo con i capelli spettinati pieni di gel,
che schifo, e se n’è andato smadonnando e giurando vendette. Mamma, perdonami
se ho sporcato i jeans nuovi, ma ho affrontato coraggiosamente quell’impunito.
Ho fatto solo i compiti che mi avevano assegnato e sono sicuro di averli fatti
bene. Lui ha sbaraccato. Un bacino” Tuo
Enrico
P.S. Con le assemblee
operaie ho chiuso, te lo prometto.
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