RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO VOLENTIERI DA BARBARA D.
L’amico degli alberi
Farsa in più atti
Scena I
Un salottino privato, adiacente alla sala del trono
Il sovrano – con
forte accento napoletano, accostandosi appena al pesante tendaggio
della finestra, e poi allontanandosi di scatto dalla medesima.
Ma che vuole tutta chella ggente là, ma pecché strillano accussì.
Ciambellano, dicitemi nu poco, ce l’hanno cummé?
Ciambellano –
cercando di tranquillizzarlo, in perfetto toscano
Sì e no, maestà, vedete, si risentono perché gli affari non vanno,
e gli scavi che state facendo in cerca di tesori sotterranei, proprio
a ridosso delle feste natalizie, non migliorano le cose. Dicono che
se volete scavare, sarebbe meglio che ve ne andaste in aperta
campagna, là per lo meno potreste trovare un poco d’acqua, visto
che in città pure quella comincia a scarseggiare.
Il sovrano – Hiii,
che esaggerazione. Ma vedete nu poco quanto si agita chilla femmina
bionda là, si sta avvicinando alla porta. Mamma mia che paura. Meno
male che mmò la guardia l’ha ricacciata inditro. Strilla, si
straccia le vesti, c’ha certi occhi che sembra uscita dall’inferno.
L’acqua dite, eh. Ebbene, se vogliono l’acqua facitela calà nu
poco d’acqua abascio, e vedimme si se danno una calmata tutti
quanti. Maronna mia, ma ch’avimmo a fà, la rivoluzione. Chiamate
il capoguardie, che voglio darli una rinfrescata a tutti quanti
stanno, sti masanielli inviperiti.
Ciambellano – Ma
maestà, fuori fa freddo, la temperatura sta scendendo sotto lo zero
e tra poco sarà notte.
Il sovrano – Nun me e
fotte un fico, vogliono l’acqua, e l’acqua avranno.
Facit’ampresso ciambellà, che mi voglio godere lo spettacolo, ca
ggià mi sto noiando.
Ciambellano – Come
volete maestà, agli ordini.
(Esce. Torna dopo pochi istanti, accompagnato dal capoguardia)
Capoguardie– Agli
ordini maestà
Il sovrano –
(visibilmente annoiato, sdraiato su una poltrona, gioca con le
frange. Parla senza guardare in viso il capoguardie, tra uno
sbadiglio e l’altro)
Brigadie la sentite tutta sta gente inferocita qua abbascio? Dicono
che non hanno acqua? Arrovesciategli in testa una bella pentolata, ma
che sia bella fresca e non ne parliamo più che qua mi so scassato
u’cazzo de sta gazzarra tutti i santi ggiorni. Tra un poco
arriveranno i compratori cinesi, e vedete un poco se è il modo di
accoglierli, con la piazza del palazzo piena di facinorosi che
nemmeno le cinque giornate di Milano. E mica ci stanno gli Austriaci
qua, no?
Capoguardie – Sarà fatto, Maestà (esce).
Pochi minuti dopo si ode un grande scroscio, poi si avvertono grida,
pianti di bambini, donne che urlano, uomini che imprecano.
Il sovrano – Cosa fanno, se ne vanno? (Rivolto al ciambellano, che
si alza sulle punte di piedi per vedere meglio)
Ciambellano – Sì, stanno lasciando libera la piazza. Le guardie
cacciano gli ultimi, che si attardano, un bambino piange, perché ha
perduto la mamma.
Il sovrano _ Facimm’anpresso che i cinesi stanno arrivando.
(ESCONO)
Scena II
La sala del trono
Il compratore, accanto l’interprete, il re sotto al baldacchino.
Il sovrano, rivolto al ciambellano, in piedi accanto allo scranno
regale. Si china verso di lui e la corona gli scivola su un orecchio:
Che ve ne pare ciambellano, l’offerta non è male, in fondo si
tratta di una catapecchia infestata dai topi. Vogliono farci un mega
albergo che porterà tanti stranieri e tanti soldi in città.
(Rivolto all’interprete) Dite che l’offerta è allettante e che
ci consulteremo coi saggi.
A un tavolo vicino, sommersi di scartoffie, i saggi sono al lavoro
per valutare l’offerta.
Hanno squadernato sul tavolo antiche mappe della città, le
confrontano fra loro lisciandosi le barbe. Sono barbe talmente lunghe
che passano da un lato all’altro del tavolo. Sotto al tavolo un
buffone si diverte ad intrecciare insieme le barbe dei tre saggi.
Il sovrano –
Rivolto ai saggi : Allora, che vi pago a fare se non siete capaci
di fare sta perizia entro un tempo ragionevole. Il nostro ospite sta
qui e aspetta una risposta. Domani deve ripartire, c’ha il business
che lo aspetta, e sapete che il tempo è denaro.
Uno dei saggi abbozza timidamente un’obiezione_ Vedete
maestà, va tutto bene, certo, soldi per la città, un mare di soldi,
a parte per quei poveretti che nell’Albergo di santa maria degli
Angeli ci abitano da anni. Il fatto è, vedete, che se confrontiamo
queste vecchie carte con lo stato attuale, vediamo che proprio nel
punto in cui volete effettuare quest’altro scavo , l’ennesimo,
perché a questi punti la città, con rispetto parlando, assomiglia a
un groviera, ebbé, Maestà, qui un piccolo problemino ci sarebbe,
perchè qui scorre l’antico letto del fiume, già interrato e già
deviato tre, quattro volte.
Il Sovrano (lanciando
uno sguardo da basilisco all’interprete, che già stava inclinando
la testa verso l’acquirente): Guagliò chisto nun c’è
bisogno che lo traducete; si tratta di fatti nostri e Chun Jang o
come si chiama lui nun c’azzecca niente. Poi rivolto al saggio:
Vabbé ma che significa, corso o non corso, letto o non letto.
Chisto d’u buco è n’antro pajo di maniche. L’importante è che
s’accattano l’Albergo con tutta la fetenzia drinto. Poi lo scavo
lo faranno da n’antra parte. Addò sta scritto che l’hanno a fare
proprio llà?
Rivolto a Chun Jang, che sta già tirando fuori dei sacchetti
pieni zeppi d’oro:
Allora, carissimo, per quanto riguarda l’Albergo è affare fatto.
Solo per lo scavo dovrete aspettare nu poco, avere ancora nu poco di
pazienza perché ci sarebbero delle quisquiglie da sistemare, sapete,
questa nun è Honk Hong, purtroppo, è una città antica, magari ci
fossero tutte strade diritte e ad angolo retto come a Tokio o
Shangai, qui a ogni passo si trova un reperto, come li chiamano loro.
Per quanto rigarda lo scavo sotto al Duomo, però, non ci stanno
problemi. Si alza in piedi e per poco, nella foga, non inciampa
nel manto regale, evidentemente troppo lungo: Si avvicina alla
finestra, e parla tra sé, come se avesse dimenticato il compratore
– Tutta sta bbellezza mi opprime, mi mette sapete una malinconia.
Qui tutti gli anni i turisti arrivano a frotte, si riempiono gli
occhi di bellezza, ma le nostre casse, tesorie, diciticello vuj, le
nostre casse stanno vuote, vuote da fare tristezza. E come li mando i
bambini all’asilo, con quali soldi, e me, lo dicete, coi soldi
della bellezza. A proposito, ciambellà, c’avevamo un altro
appuntamento. Non dovevano venire anche per quell’altra
faccenduola, sì , come si chiama lei, per la Venere del Botticelli:
Ciambellano – con
fare preoccupato, rivolto al compratore cinese che è rimasto
interdetto, il volto quasi coperto dai sacchetti di monete d’oro
che invadono ormai il tavolo:
Non ci badate e date qua. Affare fatto, allora, vi manderemo più
tardi all’albergo il regolare contratto datato e sottoscritto da
sua maestà, sapete, è un brtto momento, i sudditi gli danno tante
preoccupazioni, non sono mai contenti. Ma con questi almeno una parte
dei problemi, sono risolti. Almeno per un po’. (Fa cenno al
tesoriere di avvicinarsi e di chiudere i denari in cassaforte)
(Via il compratore, seguito dall’interprete. Quando scende dalla
sedia si vede che è un ometto minuscolo, anche se riccamente vestito
all’occidentale).
Scena III
Si ode bussare prima dalla porta ovest, poi da quella est,
Ciambellano – Con
aria sempre più preoccupata: Maestà, da questa parte ci stanno
gli archeologi, da quell’altra i signori per la Venere. A chi devo
aprire.
Il sovrano (Che nel
frattempo è riuscito, sbuffando e imprecando, a issarsi nuovamente
sul trono) E facite trasire quei rompibballe degli
archeologi.Potessero schiattà tutti come topi di fogna.
Primo Archeologo
(inchinandosi ai piedi del trono): Ecco Maestà, vedete, il
problema è questo. Sotto il duomo, e con la mano fa un cenno
all’altro di porgergli certe carte, ma proprio sotto, ci sono i
resti di santa Reparata, e poco più sotto ci sarebbe la parte
romana, di inestimabile valore, e sotto ancora c’è la città
etrusca. Voi capite che se la galleria dovesse passare da lì, ma
proprio da lì, il danno per i posteri sarebbe enorme,
irreparabile.... Direi che sarebbe un sacrilegio nei confronti della
scienza, per non parlare della civiltà. E voi, collega illustrissimo
–
(rivolto alla propria destra , gli fa cenno di avvicinarsi anche
lui al trono. Il vecchietto invece stava avvicinandosi quatto quatto
alla porta d’uscita, ed è costretto a fare dietro- front. Cammina
tenendo gli occhi fissi sul sovrano che, sempre più nervoso, fatica
a tenere dritta la corona).
Secondo Archeologo
(molto più anziano, ma anche men intimorito del primo. Barba
bianca, occhialini tondi, voce ferma di basso): Sì, Maestà, è
così, la galleria – a meno che non si faccia un’ampia
deviazione, arrecherebbe danni irreparabili nella delicatissima
stratigrafia della Firenze sotterranea, e poi .......
Il sovrano – mo mi
avete stufato con tutti o vostri dubbi e ripensamenti. Vabbé ho
capito, ma dei vostri cocci me ne fotto, con rispetto parlando, una
bella minchia. Basta, basta, basta con tutto sto vecchiume (Scivola
giù dal trono, questa volta speditamente)Ma guardateli tutti sti
tetti a punta, ste case torri che sembrano dover venire giù da un
momento all’altro e che invece stanno sempre lì, belle, in piedi
da un secolo all’altro, mentre quelli che le hanno abitate nel
fiore degli anni, e i figli di quelli già sotto terra si disfano in
polvere. Sei cenere e cenere ritornerai; se queste parole potessero
valere anche per la superbia di questa città. E invece no, il sangue
caldo degli uomini vi scorre attraverso, inaridisce, sangue nuovo si
aggiunge, uomini nascono, sfioriscono, si dissolvono in nulla, ma lei
sempre lì, non si muove di un millimetro, con le sue pietre fredde e
indifferenti, la sua bellezza sfacciata che è un insulto alla nostra
caducità.
Secondo Archeologo (ha udito il soliloquio del sovrano, e ora lo
guarda con aria interrogativa, poi, reclinando il capo): Ma voi amate
la città, sire?
Il sovrano: sia detto in confidenza, no. La detesto, la odio. Vorrei
vederla in ginocchio, umiliata, ridotta come le tante città del sud,
la cui bellezza è stata cancellata dal tacco sprezzante dello
straniero, sconciata dall’invasore, lordata da....
Secondo Archeologo: Direi che allora state raggiungendo lo scopo
(Esce)
Il sovrano : Come osi..... ma s’interrompe, si rammenta degli altri
che stanno attendendo.
Ciambellano fate antrare.
(Esce l’archeologo. Fuori anche i saggi, le cui barbe sono state
intrecciate dal buffone, escono dalla porta di sinistra, mentre da
destra entra una delegazione di tre uomini in frac nero, che
assomigliano vagamente a tre becchini. Il sovrano ha sulle prime un
moto di spavento)
Parlano a turno:
Allora
Maestà
Se tutto è pronto
Noi saremmo qui
Per prendere in consegna il quadro
Il sovrano: certo certo. Ciambellano, fate portare la fanciulla.
Ciambellano: La fanciulla sire?
Il sovrano: Massì, chilla là, Maruzzella, cosa là, la Venere.
Ciambellano: Venite avanti.
Entrano tre inservienti che sorreggono a fatica una tela gigantesca.
Ecco, appoggiatela là, sulla parete di fronte.
Il Ciambellano si avvicina alla tela e la scopre. E’ la Venere del
Botticelli. Immediatamente una luce azzurrina si diffonde nella
stanza, fino a quel momento sommersa dalle tenebre. I tre uomini in
frac stanno dinanzi al quadro in silenzio, il capo scoperto in segno
di devota ammirazione. Solo il re sembra indifferente. Si è fatto
aprire la cassaforte dal tesoriere ed è tutto intento a contare il
denaro. Il buffone lo osserva, facendo mille smorfie e tentando
invano di attirare la sua attenzione. Ma nulla riesce a distoglierlo
dalla sua occupazione. A un certo punto si sente un gran tintinnio.
Tutto comincia a tremare. Mobili e suppellettili si spostano a destra
e a sinistra come sulla plancia di una nave in preda a una tempesta.
Ciambellano – Cosa succede. Mi sembra di aver il maldimare.
Il sovrano: Il maldimare sulla terra ferma? (E intanto deve reggersi
con la mano la corona, che gli è scivolata pericolosamente su un
orecchio).
Il buffone (nascostosi sotto il tavolo) Terra ferma, ma quale terra
ferma, se tutto sta tremando.
Intanto i tre uomini in frac si precipitano sul dipinto, che è
caduto a terra ed è scivolato al centro della stanza. Proprio in
quel momento si ode un sibilo, e il grande lampadario di cristallo
precipita a terra, al centro della tela, sfondandola
irreparabilmente. Tutti si mettono le mani nei capelli.
Cala il sipario
ATTO II
Siamo a casa del secondo Archeologo. ….
IL FINALE PROVATE AD IMMAGINARLO O A SCRIVERLO VOI LETTORI.