14 Agosto un anno
dopo.
Ai
cittadini italiani ancora non è stata resa relazione nel merito degli eventi
che hanno causato il crollo del Ponte Morandi, ad un anno dall’evento. Ai primi
d’agosto il Ministro Di Maio ha dichiarato che esiste ed è “terrificante”: non
si può commentare. Da parte di tutte le
Istituzioni era ed è obbligo pubblicare, nel minor tempo possibile, lo studio
scientifico e la dimostrazione della dinamica con la quale era avvenuto il
crollo della struttura. Solo così è possibile pervenire alle cause e quindi
alle responsabilità. Le stesse Istituzioni avrebbero avuto anche l’obbligo
immediato di verificare il reale stato della rimanente struttura con le tecnologie
oggi disponibili e normalmente usate, al fine di decidere nel minor tempo
possibile quale tipo di opere fosse necessario compiere nel pubblico interesse,
con l’obbligo di pubblicarne i risultati al fine di permettere ai cittadini di
giudicare se le decisioni prese DALLE ISITUZIONI PREPOSTE fossero razionali,
ponderate o, come è successo, l’esatto contrario. Il tutto col dovuto rilievo e
con la pubblicazione di tutto il materiale e la documentazione a corredo.
Queste procedure che si spera siano state compiute prima della totale
demolizione, non sono state pubblicate, e ciò ha generato molte e forse fondate
critiche verso tutte le Istituzioni e le varie parti coinvolte. Perciò ai
cittadini e al popolo italiano non può essere negato il diritto di procedere in
autonomia, sulla base del materiale disponibile, che è quello che ci si dispone
a fare.
Foto 1
Questa immagine mostra come la stabilità della
maggior luce della campata fosse indipendente dai tiranti, diversamente dal
ponte (Foto 2) in cui l’impalcato è portato
esclusivamente dai tiranti poiché privo del castelletto di base. Una struttura
completamente diversa: questo è davvero un “ponte strallato”.
Foto 2 Una struttura completamente
diversa: questo è davvero un “ponte strallato”.
Infatti, il 28 giugno 2019 per demolire con
l’esplosivo tutto ciò che restava del Ponte sul Polcevera le cariche non sono
state posizionate in alto o sugli “stralli”, ma sulla struttura bassa e
portante, sui puntoni e le travi del castelletto.
Foto 3
Esplosione: prima crolla l’impalcato spezzato a
metà mentre le antenne e i tiranti, ben attaccati e aperti, cadono in piedi. La
sequenza sulla pila 10: prima esplodono le cariche in corrispondenza della
freccia destra, i puntoni sono distrutti
e l’impalcato si spezza e cade. La freccia sinistra segnala invece che
l’esplosione sta avvenendo: l’impalcato è ancora orizzontale. Non un tirante si
deforma: A QUALI SOLLECITAZIONI HANNO RETTO I TANTO VITUPERATI E DEGRADATI
“STRALLI” dell’Ing. Morandi!
Ma osserviamo la freccia verticale: indica che il
tirante non si spezza bensì vola con la piastra perché non è più vincolato e
libera tutta l’energia. Ancor più solidale la pila 11 che cade sbilanciata, ma
intera. Questa considerazione per ora non interessa, interessa invece dire che
forse è stato distrutto un Bene Pubblico ben conservato e per mero
pregiudizio.
Ora si consideri che non si dispone di immagini
che non abbiano subito “elaborazioni” e che si possano considerare autentiche,
non manipolate, ad eccezione di una: quel video di Davide di Giorgio. Ne
riproponiamo il fermo immagine iniziale (disponibile in rete) in cui è stato
solo aumentato il contrasto, allo scopo di vedere bene, in quell’istante, cosa
stava avvenendo e cosa era già avvenuto.
Foto 4
E ’il primo fotogramma del video di Davide Di
Giorgio. Non è stata fatta
manipolazione, solo accentuato il contrasto. Le 2 antenne del cavalletto della
pila 9 del Ponte Morandi sono ancora in piedi, unite all’architrave, è una
vista prospettica: il “cavalletto” è verticale, c’è luce al centro e si
avvertono i tiranti, ma l’impalcato è già caduto. Corrisponde ad una fase
avanzata ma il cavalletto pare integro. Segue l’originale con la massima
risoluzione possibile.
Foto 5 Di seguito un fotogramma successivo con
accentuazione del contrasto.
Foto 6
Questa immagine riprende anche un bagliore
proveniente dal basso: è presente anche nell’originale. Il cavalletto sta
crollando, ne resta una immagine “triangolare”, è evidente che cade per prima
l’antenna a monte, quella a mare è ancora verticale, le immagini ufficiali
ricevute il 1 luglio sono contraddette. In controluce un tirante ancora teso.
L’impalcato non esiste più, è scomparso ben prima, ciò significa anche che
l’evento non si è originato a partire dalla sommità della struttura. Ecco
l’originale alla massima risoluzione possibile.
Foto 7 da sinistra: angolo fra la verticale e l’antenna a
monte; spazio vuoto fra antenna e viadotto, manca la trave Gerber di circa 38
metri (diagonale blu) ma manca già anche l’impalcato che era in linea con il
viadotto.
Ora vediamo l’immagine UFFICIALE diffusa il primo
luglio, fermo immagine sulle prime fasi accreditate:
Foto 8 Non si percepisce dal fermo immagine, ma il
tirante comincia a flettere, entra in compressione, mentre viene superato dal
camion.
Successiva immagine, di seguito:
Foto 9
Questa immagine racconta che molti eventi si
manifestano conseguenti al cedimento del tirante, anche la caduta
dell’impalcato, a partire dalla trave Gerber: singolare che tutto l’impalcato
venga coinvolto nonostante tutta la struttura portante, e indipendente, sia
intatta. Singolare anche la caduta dell’impalcato verso Genova nonostante si liberi l’energia
dei tiranti opposti, tutti armati di cavi d’acciaio passanti.
La crisi dell’architrave alla sommità e della cima
dell’antenna a mare, qui è a destra, assume valore determinante. Nell’immagine
successiva si vedrà che il secondo a cedere sarà proprio il tirante
corrispondente alla freccia blu, mentre l’asterisco segnala la strana forma a
freccia coricata che dovrebbe essere la sommità dell’antenna spezzata, a cui
NON erano “attaccati” i tiranti perché aveva quasi funzione di “passacavi”, ma
che tuttavia si vede precipitare verso ovest.
Foto 10.
Dopo 4 secondi di filmato non si capisce che cosa
stia avvenendo nella parte portante, l’immagine è molto confusa (freccia
orizzontale), sembra indicare la crisi dei 4 enormi puntoni est, fatto
inspiegabile, dal momento che fino a pochi istanti prima avevano portato
carichi e sollecitazioni molto grandi. Soprattutto la parte mediana
dell’impalcato, compresa fra 4 puntoni a est e 4 a ovest e retta anche dalle
travi trasverse avrebbe dovuto rimanere in sito, invece nelle immagini si
mostra come l’impalcato si sia spezzato a metà. Ma una cosa è molto chiara:
nell’immagine si vede cadere l’antenna a mare (asterisco), mentre nel filmato
di Di Giorgio cade prima quella a monte. Come si spiega questa contraddizione?
Foto 11. Dopo 9 secondi di filmato la struttura ha
completamente ceduto. Si rivedano le immagini seguenti.
Foto 12 Trave Gerber caduta, antenne ancora verticali. La
freccia blu indica la continuità del piano mancante, si avverte nel cavalletto
la probabile presenza delle travi trasverse.
Foto 13
Foto 14 Immagine di poco successiva, compressa e
contrastata: si vede bene l’antenna a monte crollare con il tirante infisso. Si
può utilizzare lo zoom.
Foto 15 (immagine tratta da “Cinematica di un crollo”;
studio Ing. Carmelo Russo su sito “il Timoleonte” 2018)
Dalle immagini dovremmo credere che si è spezzato
il tratto E’- E’’: possibile, ma non per cause endogene. A questo punto ogni
dubbio è lecito. C’eravamo cimentati in tanti, mesi e mesi fa, analizzando la
posizione delle macerie e provando da quelle immagini certe a ricostruire la
dinamica del crollo, ma a nessuno era mai venuto di pensare che il cedimento
dell’intera struttura potesse essere avvenuto dall’alto per i riscontri dati
dalla posizione dei reperti, e per il video Di Giorgio, e perché dal punto di
vista statico non ha senso; tanto più inspiegabile appare la sorte delle due
travi Gerber, mentre ha senso dire che i tavoli cadono se gli si tolgono due
gambe, non perché si rompe il gancio che regge il lampadario. Così restano
inevase alcune fondamentali domande: perché I PUNTONI, struttura portante
principale, hanno ceduto e con modalità così diverse; perché l’impalcato si è
spezzato a metà, lì sotto; perché la parte ovest è precipitata sui puntoni“
sbriciolati”; perché la parte est HA SPEZZATO I PUNTONI TRASCINANDONE UNA PARTE
CON SE; PERCHE’ SI E’ CAPOVOLTA DI 180°; PERCHE’ LA TRAVE GERBER fra la pila 9
e la 10 (semplicemente appoggiata) non è caduta perpendicolarmente ma E’ VOLATA
ORIZZONTALMENTE SULLA FERROVIA PER 40 METRI, FINENDO SOTTO ALLA PILA 10; da
cosa ha tratto l’energia necessaria? Non certo dall’interno della struttura.
Foto 16
Le responsabilità si possono attribuire solo cercando
la Verità, ma per ora questa strada non pare essere stata percorsa e ci si
chiede perché. Oltretutto al problema iniziale, la vera dinamica del crollo, se
ne aggiunge un altro più grave se possibile: perché dal primo momento proprio
dalle Istituzioni sono arrivate dichiarazioni non comprovate come la cattiva
manutenzione, come il cedimento degli stralli, di uno, di due, il calcestruzzo
marcio, l’armatura corrosa, e avanti così. E ’stata una recita a soggetto, un
canovaccio con una serie di colpevoli precostituiti, anzitutto con la
denigrazione postuma dell’Ingegner Morandi, prima che qualsiasi cosa fosse
provata. Anzitutto è sempre stata denegata l’ipotesi “esplosione”, come se in
Italia non ce ne fosse mai stata una: certamente, se non si cerca, l’esplosivo
non si trova. Ma almeno cercare si poteva, si doveva, almeno per escludere
l’ipotesi.
Ora il “corpus delicti” è stato rimosso senza che
ai cittadini italiani sia stato consegnato quanto di dovere. Intanto gli stessi
cittadini pagano, a cominciare dalla perdita totale di un Bene Pubblico, dallo
sperpero del Pubblico Patrimonio, dalla rimozione e collocamento (dove?) di
quante tonnellate di detriti e macerie, dallo scavo di 43 nuove fondazioni (a
lato di quelle esistenti!) sulla roccia che si trova a 45 metri di profondità.
Il resto a seguire. Restano le immagini a cui non si è data alcuna risposta:
Foto 17 L’antenna a monte è caduta per ultima su quanto
era già caduto PRIMA, compresi i puntoni ridotti in frantumi (freccia blu).
Foto 18
Le macerie sono cadute SOPRA l’impalcato della
campata principale retta dai puntoni del castelletto: e la sequenza non può che
essere: 1) cedimento dei puntoni; 2) cedimento della campata; 3) solo dopo si
può depositare qualsiasi altro materiale proveniente dall’alto. La successione
stratigrafica indica l’ordine temporale, come in archeologia.
Foto 19 Sotto all’impalcato si vede il frammento di un
puntone.
Foto 20 Puntoni est troncati di netto, tondini d’acciaio
tesati nella direzione del vettore.
Foto 21Carreggiata verso Genova
ribaltata a 180°, trave Gerber sotto alla pila 10, fuori asse longitudinale.
In queste immagini è racchiusa gran parte della
verità, ma forse l’Italia è troppo debole perché le possa essere detta;
comunque è opportuno specificare la dimensione della sezione di ogni “puntone”:
m. 2,00 x m 1,20 e ricordare che è stata necessaria una grande fatica, un gran
lavoro durato mesi e mesi per demolire il solidissimo castelletto di base della
pila 9, in ottimo stato di conservazione, manufatto solidissimo, tutt’altro che
fatiscente, e poi il tritolo. Tutto ciò mentre mancano di manutenzione le ex
strade statali, le ferrovie, manca il raddoppio di binari su linee strategiche,
mancano piattaforme di scambio intermodale; abbiamo tracciati ferroviari e
relativi ponti risalenti all’Unità d’Italia, quartieri disastrati da alluvioni
perché sorti dove non dovevano, città e borghi terremotati ancora a terra.
L’elenco potrebbe continuare ma non dimentichiamo che qualcuno aveva detto che
in un anno il Ponte sul Polcevera sarebbe stato ricostruito: oltretutto sarebbe
stato possibile se i “maiores” avessero la serietà e le capacità di quelli
viventi 2000 anni fa che ricostruivano sulle fondamenta esistenti e non buttavano
un’opera pubblica per rifarla a pochi metri di distanza. Ci si consenta di
concludere che l’ipotesi che il crollo dell’intera struttura sia stato
originato dalla perdita del carico d’acciaio, prima di essere avanzata, avrebbe
dovuto e potuto essere verificata, calcolata: avrebbe avuto gli effetti che
sappiamo? Nel filmato divulgato ufficialmente comunque l’ipotesi è smentita: il
tirante a mare si flette, non si tende. La verità è lontana ma pare non
interessare più a nessuno.
Giovanna Nicoletta Delbuono
architetto