martedì 21 novembre 2017

I PROGETTI ESISTONO ECCOME! GLI EFFETTI DEVASTANTI SONO SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI.

Si sta promuovendo un Convegno sugli Alberi di Firenze, alberi abbattuti in serie continua nel corso dell'ultimo decennio, alberi storici e tutelati, alberi sani, alberi "vecchi", alberi malati, alberi scomodi, tutti  ridotti a montagne di  segatura.
Non sembrano affatto utili ormai convegni di questo tipo, perché ai convenuti ( sempre gli stessi) non si comunica niente di nuovo;  se l’intento fosse quello di promuovere davvero qualcosa di organizzativo, certo non lo si potrebbe  fare  con un parterre di  relatori qualificati in storia e cultura dei parchi, degli alberi, delle foreste urbane. Si  leggono nel programma di invito, con vero stupore e sconcerto alcune  frasi che vorrebbero denunciare lo scempio in atto a Firenze, quali:
“....... azioni che rivelano l'assenza di un progetto d'insieme “  (attribuite al Comune di Firenze)
“ l’apertura di un dibattito pubblico e di un processo realmente partecipativo che individui obiettivi, modalità e priorità attuative di un piano organico e coerente di gestione del verde urbano.”( come prospettiva su cui mobilitare la cittadinanza più sensibile).
Abbiamo sempre dissentito su queste impostazioni ripetute fino alla noia in tante istanze e tanti dibattiti da cui tanti si sono allontanati, avendo perso pazienza e  speranza, ma soprattutto perché:
- non è vero che  non esiste un progetto d'insieme  “ a carico di Firenze”, che  sta deformando la città;
- con i dibattiti pubblici e i "reali processi partecipativi" si illudono i cittadini perché gli stessi non hanno il potere di proporre e far accettare piani di gestione del verde o di altra cosa pubblica agli amministratori, atteso che abbiano la capacità di elaborare qualcosa del genere. Manca lo strumento giuridico perché i cittadini possano imporre qualcosa agli eletti, oltre al voto non abbiamo altro, tuttalpiù li possiamo denunciare, ma sono cose fra loro diversissime.
Sul secondo punto non vale la pena dilungarsi oltre, mentre sul primo, che è  molto importante, cercheremo di farci capire, perché se qualcuno lo capisse saremmo un passo avanti.
Il Progetto d’insieme esiste, eccome, è sotto agli occhi di tutti, basta connettere e far combaciare tutti i tasselli. Menti sopraffine, come diceva qualcuno tanto tempo fa……… che hanno in mente un preciso modello di città e lo stanno realizzando, non solo a Firenze ma ovunque sia possibile. Le menti di cui sopra sono tuttavia cafone e il loro modello li rispecchia pienamente, per cui le persone normali non possono credere che lo scempio corrisponda ad un programma, ad un progetto, e cascano nel tranello:
“ Non c’è un progetto d’insieme, vanno avanti a vanvera, improvvisano!”  E magari fanno il secondo clamoroso errore:
 “ Facciamo noi un progetto, il vero progetto, facciamogli vedere come si fa, quanto si risparmia, quanto sarebbe meglio e più facile! Quanto  si risparmierebbe in alberi, terra, aria, acqua! Quanti soldi! Quanto bene si potrebbe fare alla collettività, e poi facciamo un Progetto Partecipato, realmente Partecipato!! Sottinteso: facciamogli vedere che noi siamo più bravi”.
A noi interessa dire che il progetto c’è ed è sotto agli occhi di tutti,  è visibile. E’ quello della città a cui si appioppa una vocazione allineata  ad una  scelta economica, tutto il resto è azzerato, ma si mettono in cantiere le relative strutture e infrastrutture atte a realizzarlo. Le strutture sono le vendite dei beni immobili pubblici e/o privati col relativo binario agevolato dei cambi di destinazione per uso ricettivo, le infrastrutture sono tramvie, aeroporto, AV: tutto il resto è sovrastruttura, dai direttori dei Musei,  agli stadi, alle schifezze di “arte contemporanea” appese o variamente esposte o accasciate, programmi, vetrine, ricevimenti, iniziative, concerti,  tutto qualitativamente alla dimensione, alla scala qualitativa di chi li organizza e se ne giova. A questo disegno tutto viene subordinato e sacrificato.  Tutto sotto gli occhi di una stampa serva e pronta all’uso.




ZONA STATUTO PRIMA DEI LAVORI TRAMVIA

Gli Alberi: se si affida un progetto come quello della Tramvia ad un discutibilissimo studio di Messina ( che ha trovato a Firenze una vera miniera d’oro),  se la cartografia di cui dispone e si serve fa schifo, se i progettisti sono meri esecutori di un’idea folle di cui non è mai stata scientificamente verificata la fattibilità e le conseguenze, se le Valutazioni di Impatto Ambientale non sono  mai state  lette,   gli Alberi sono un mero intralcio e come si dice,” s’hanno a togliere”.



ZONA STATUTO DURANTE I LAVORI DELLA TRAMVIA

Non hanno verificato l’ampiezza delle strade!!!!
 Figuriamoci cosa gliene importa degli alberi!!!
Non si sono mai posti il problema di dove passeranno le ambulanze per il Policlinico di Careggi!!!
Figuriamoci cosa gliene importa degli alberi!!!
Non si sono mai domandati perché mai tutte le linee della Tramvia devono convergere a S.M. Novella senza avere altre connessioni, figuriamoci se si preoccupano degli alberi…..
Hanno pensato di connettere le tramvie ovest alle future tramvie est PASSANDO CON UN TUNNEL SOTTO AL CENTRO STORICO!!!! COSA GLIENE IMPORTA A LORO DEGLI ALBERI !!!
Spendiamo due parole sul concetto un po’ ermetico di vocazione allineata: chiuse le fabbriche nel giro di pochissimi decenni, chiusi gli indotti, chiusa la classica speculazione edilizia stile ‘900 ( non ci sono più terreni ) dove andrà il denaro? Andrà in quel che resta:
In un turismo governato come le catene di montaggio di una fabbrica, e in un turismo progettato per ceti più abbienti fino ai livelli più alti. Servono quindi i Palazzi, le architetture nobili, le residenze di prestigio, sacre o profane, preferibilmente con garages nel sottosuolo. La rendita di posizione è il criterio sovrano.
Che Firenze fosse vocata ad un turismo di tipo culturale e quindi selettivo e discreto, è noto e risaputo, perciò per fare il salto era necessario  un allineamento ad un altro standard, che consentisse agli investitori rendite pari o superiori a quelle d’una volta col meccanismo ben oliato e collaudato del magico “cambio di destinazione d’uso” ( da agricolo a industriale, da agricolo a commerciale e abitativo, da industriale a pubblico servizo, e anche da Parco Storico a parco di servizi  eccetera, ogni possibile combinazione è stata giocata anche quella della privatizzazione dei beni pubblici) che aveva in passato  reso molto bene in termini di profitto senza mai dover faticare molto a convincere i “guardiani della cosa pubblica”. Sempre lo stesso meccanismo applicato al turistico ricettivo d’alto bordo, senza trascurare la genialata dell’Urbanistica pubblica contrattata con i privati!
La città che quei soggetti hanno in mente è una sorta di monocoltura, una città che si regge esclusivamente su un solo tipo di risorsa, su un afflusso di denaro che arriva solo da un rubinetto, un insieme di edifici, molto vasto, pieno di gente che arriva, resta per un po’e poi parte. Servono mezzi per farla arrivare e muovere a piedi su un percorso dotato di mangiatoie, sedili, rinfrescatoi, cose da vedere e fotografare, luoghi per divertirsi, dormitori, poi aerei, navi e mezzi veloci per farla ripartire. A prezzi ben differenziati, e se possibile su percorsi poco intersecantisi. Distinguiamo sempre un po’ le classi di appartenenza, prego. Tutto il resto non conta e va sacrificato.
Il pericolo è quello delle monocolture, arriva un piccolo, minuscolo parassita, e la sterminata coltivazione muore. E il coltivatore pure. Per fare un esempio: una crisi come una epidemia, una “guerricciola” e un po’ di terrorismo e qui non viene più nessuno, e muore la monocoltura turistica, cioè muore l’economia della città. E non sono restate altre fonti di reddito, le hanno chiuse tutte(è importante ricordare che FIRENZE-PRATO PISTOIA ERANO IL TERZO POLO INDUSTRIALE DELL’ITALIA CON L’ESISTENZA DELLA BORSA MERCI A FIRENZE-DI TUTTO QUESTO NON ESISTE PIU’ NIENTE-).
Resta infine un altro esito, di tipo  sociologico, una conseguenza letale: la mutazione  della struttura sociale, forse addirittura antropologica. Scompare la tradizionale stratificazione in classi, ognuna con una propria forte identità di gruppo, con propri valori, attitudini, capacità e saperi,  che variamente si uniscono per un comune senso di appartenenza, o si contrappongono, riuscendo però sempre a ristrutturarsi  e rimodellarsi in base a processi vitali .
Nel nefando progetto in atto, ripetiamo, tutto ciò va a scomparire: se si riprogramma e si riprogetta la base economica fondamentale in senso univoco, la monocoltura turistica, cambia il lavoro ma cambiano anche i “lavoratori”, i cittadini. Il lavoro non è produttivo di beni e merci ma consiste solo nel fornire cibo, alloggio, svaghi, transiti, spostamenti, attrazioni spettacolari ( V. Nerone Rock a Roma), shopping, e i cittadini lavoratori trovano impiego solo in questo schema.  Non è un caso che in televisione si trovino sempre più programmi in cui si cucina, si assaggia, si mangia, in cui i cuochi sono addirittura maitres à penser, vere star mediatiche, che gareggiano, si sfidano cucinando autentiche porcherie che alcuni di noi non mangerebbero mai, però questo è quello che viene proposto e  scodellato. Una società di camerieri, di cuochi, di affittacamere, di sommelier, insomma di osti(IN QUASI TUTTI GLI ATENEI ITALIANI SONO STATI ISTITUITI CORSI DI LAUREA IN "SCIENZE GASTRONOMICHE", aggiungendo una  ulteriore scamorza  alla lunga lista di pseudo scienze e pseudo lauree, inventate per fare cassetta). 
. Chi possiede i pacchetti di azioni, di viaggi, di soggiorni, guadagna quello che vuole, ai restanti non resta che trottare e sorridere. Ma che società è ? Che società vogliono sfornare? Che cittadini ci saranno? Obbedienti e servizievoli, certo.

Perciò non si dica mai più che non c’è un progetto d’insieme. C’è un progetto che considera tutto come commestibile, pure noi, dal momento che siamo già stati intortati e spennati a dovere.

GDB

Nessun commento:

Posta un commento