Si sta promuovendo un Convegno sugli Alberi di Firenze,
alberi abbattuti in serie continua nel corso dell'ultimo decennio, alberi
storici e tutelati, alberi sani, alberi "vecchi", alberi malati, alberi
scomodi, tutti ridotti a montagne di segatura.
Non sembrano affatto utili ormai convegni di questo tipo,
perché ai convenuti ( sempre gli stessi) non si comunica niente di nuovo; se l’intento fosse quello di promuovere
davvero qualcosa di organizzativo, certo non lo si potrebbe fare con un parterre di relatori qualificati in storia e cultura dei
parchi, degli alberi, delle foreste urbane. Si
leggono nel programma di invito, con vero stupore e sconcerto alcune frasi che vorrebbero denunciare lo scempio in
atto a Firenze, quali:
“....... azioni che rivelano l'assenza di un
progetto d'insieme “ (attribuite al
Comune di Firenze)
“ l’apertura di un dibattito pubblico e di un
processo realmente partecipativo che individui obiettivi, modalità e priorità
attuative di un piano organico e coerente di gestione del verde urbano.”( come
prospettiva su cui mobilitare la cittadinanza più sensibile).
Abbiamo sempre dissentito su queste impostazioni ripetute
fino alla noia in tante istanze e tanti dibattiti da cui tanti si sono
allontanati, avendo perso pazienza e
speranza, ma soprattutto perché:
- non è vero che non esiste un progetto d'insieme “ a carico di Firenze”, che sta deformando la città;
- con i dibattiti pubblici e i "reali processi partecipativi" si illudono i cittadini
perché gli stessi non hanno il potere
di proporre e far accettare piani di gestione del verde o di altra cosa
pubblica agli amministratori, atteso che abbiano la capacità di elaborare
qualcosa del genere. Manca lo strumento giuridico perché i cittadini possano
imporre qualcosa agli eletti, oltre al voto non abbiamo altro, tuttalpiù li
possiamo denunciare, ma sono cose fra loro diversissime.
Sul secondo punto non vale la pena dilungarsi oltre,
mentre sul primo, che è molto importante,
cercheremo di farci capire, perché se qualcuno lo capisse saremmo un passo
avanti.
Il Progetto
d’insieme esiste, eccome, è sotto agli occhi di tutti, basta connettere e
far combaciare tutti i tasselli. Menti sopraffine, come diceva qualcuno tanto
tempo fa……… che hanno in mente un preciso modello di città e lo stanno
realizzando, non solo a Firenze ma ovunque sia possibile. Le menti di cui sopra
sono tuttavia cafone e il loro modello li rispecchia pienamente, per cui le
persone normali non possono credere che lo scempio corrisponda ad un programma,
ad un progetto, e cascano nel tranello:
“ Non c’è un progetto d’insieme, vanno avanti a vanvera,
improvvisano!” E magari fanno il secondo
clamoroso errore:
“ Facciamo noi un
progetto, il vero progetto, facciamogli vedere come si fa, quanto si risparmia,
quanto sarebbe meglio e più facile! Quanto
si risparmierebbe in alberi, terra, aria, acqua! Quanti soldi! Quanto
bene si potrebbe fare alla collettività, e poi facciamo un Progetto Partecipato,
realmente Partecipato!! Sottinteso: facciamogli vedere che noi siamo più
bravi”.
A noi interessa dire che il progetto c’è ed è sotto agli
occhi di tutti, è visibile. E’ quello
della città a cui si appioppa una vocazione allineata ad una scelta economica, tutto il resto è azzerato,
ma si mettono in cantiere le relative strutture e infrastrutture atte a
realizzarlo. Le strutture sono le vendite dei beni immobili pubblici e/o
privati col relativo binario agevolato dei cambi di destinazione per uso
ricettivo, le infrastrutture sono tramvie, aeroporto, AV: tutto il resto è
sovrastruttura, dai direttori dei Musei,
agli stadi, alle schifezze di “arte contemporanea” appese o variamente
esposte o accasciate, programmi, vetrine, ricevimenti, iniziative, concerti, tutto qualitativamente alla dimensione, alla
scala qualitativa di chi li organizza e se ne giova. A questo disegno tutto
viene subordinato e sacrificato. Tutto
sotto gli occhi di una stampa serva e pronta all’uso.
ZONA STATUTO PRIMA DEI LAVORI TRAMVIA
Gli Alberi: se si affida un progetto come quello della
Tramvia ad un discutibilissimo studio di Messina ( che ha trovato a Firenze una
vera miniera d’oro), se la cartografia
di cui dispone e si serve fa schifo, se i progettisti sono meri esecutori di
un’idea folle di cui non è mai stata scientificamente verificata la fattibilità
e le conseguenze, se le Valutazioni di Impatto Ambientale non sono mai state
lette, gli Alberi sono un mero intralcio e come si
dice,” s’hanno a togliere”.
ZONA STATUTO DURANTE I LAVORI DELLA TRAMVIA
Non hanno
verificato l’ampiezza delle strade!!!!
Figuriamoci cosa
gliene importa degli alberi!!!
Non si sono mai posti il problema di dove passeranno le
ambulanze per il Policlinico di Careggi!!!
Figuriamoci cosa gliene importa degli alberi!!!
Non si sono mai domandati perché mai tutte le linee della
Tramvia devono convergere a S.M. Novella senza avere altre connessioni,
figuriamoci se si preoccupano degli alberi…..
Hanno pensato di connettere le tramvie ovest alle future
tramvie est PASSANDO CON UN TUNNEL SOTTO AL CENTRO STORICO!!!! COSA GLIENE
IMPORTA A LORO DEGLI ALBERI !!!
Spendiamo due parole sul concetto un po’ ermetico di
vocazione allineata: chiuse le fabbriche nel giro di pochissimi decenni, chiusi
gli indotti, chiusa la classica speculazione edilizia stile ‘900 ( non ci sono
più terreni ) dove andrà il denaro? Andrà in quel che resta:
In un turismo governato come le catene di montaggio di
una fabbrica, e in un turismo progettato per ceti più abbienti fino ai livelli
più alti. Servono quindi i Palazzi, le architetture nobili, le residenze di
prestigio, sacre o profane, preferibilmente con garages nel sottosuolo. La
rendita di posizione è il criterio sovrano.
Che Firenze fosse vocata ad un turismo di tipo culturale
e quindi selettivo e discreto, è noto e risaputo, perciò per fare il salto era
necessario un allineamento ad un altro
standard, che consentisse agli investitori rendite pari o superiori a quelle
d’una volta col meccanismo ben oliato e collaudato del magico “cambio di
destinazione d’uso” ( da agricolo a industriale, da agricolo a commerciale e
abitativo, da industriale a pubblico servizo, e anche da Parco Storico a parco
di servizi eccetera, ogni possibile
combinazione è stata giocata anche quella della privatizzazione dei beni
pubblici) che aveva in passato reso
molto bene in termini di profitto senza mai dover faticare molto a convincere i
“guardiani della cosa pubblica”. Sempre lo stesso meccanismo applicato al turistico
ricettivo d’alto bordo, senza trascurare la genialata dell’Urbanistica pubblica
contrattata con i privati!
La città che quei soggetti hanno in mente è una sorta di
monocoltura, una città che si regge esclusivamente su un solo tipo di risorsa,
su un afflusso di denaro che arriva solo da un rubinetto, un insieme di
edifici, molto vasto, pieno di gente che arriva, resta per un po’e poi parte.
Servono mezzi per farla arrivare e muovere a piedi su un percorso dotato di
mangiatoie, sedili, rinfrescatoi, cose da vedere e fotografare, luoghi per
divertirsi, dormitori, poi aerei, navi e mezzi veloci per farla ripartire. A
prezzi ben differenziati, e se possibile su percorsi poco intersecantisi.
Distinguiamo sempre un po’ le classi di appartenenza, prego. Tutto il resto non
conta e va sacrificato.
Il pericolo è quello delle monocolture, arriva un
piccolo, minuscolo parassita, e la sterminata coltivazione muore. E il
coltivatore pure. Per fare un esempio: una crisi come una epidemia, una
“guerricciola” e un po’ di terrorismo e qui non viene più nessuno, e muore la
monocoltura turistica, cioè muore l’economia della città. E non sono restate
altre fonti di reddito, le hanno chiuse tutte(è importante ricordare che
FIRENZE-PRATO PISTOIA ERANO IL TERZO POLO INDUSTRIALE DELL’ITALIA CON L’ESISTENZA
DELLA BORSA MERCI A FIRENZE-DI TUTTO QUESTO NON ESISTE PIU’ NIENTE-).
Resta infine un altro esito, di tipo sociologico, una conseguenza letale: la
mutazione della struttura sociale, forse
addirittura antropologica. Scompare la tradizionale stratificazione in classi,
ognuna con una propria forte identità di gruppo, con propri valori, attitudini,
capacità e saperi, che variamente si
uniscono per un comune senso di appartenenza, o si contrappongono, riuscendo
però sempre a ristrutturarsi e
rimodellarsi in base a processi vitali .
Nel nefando progetto in atto, ripetiamo, tutto ciò va a
scomparire: se si riprogramma e si riprogetta la base economica fondamentale in
senso univoco, la monocoltura turistica, cambia il lavoro ma cambiano anche i
“lavoratori”, i cittadini. Il lavoro non è produttivo di beni e merci ma
consiste solo nel fornire cibo, alloggio, svaghi, transiti, spostamenti,
attrazioni spettacolari ( V. Nerone Rock a Roma), shopping, e i cittadini
lavoratori trovano impiego solo in questo schema. Non è un caso che in televisione si trovino
sempre più programmi in cui si cucina, si assaggia, si mangia, in cui i cuochi
sono addirittura maitres à penser, vere star mediatiche, che gareggiano, si
sfidano cucinando autentiche porcherie che alcuni di noi non mangerebbero mai,
però questo è quello che viene proposto e
scodellato. Una società di camerieri, di cuochi, di affittacamere, di
sommelier, insomma di osti(IN QUASI TUTTI GLI ATENEI ITALIANI SONO STATI ISTITUITI CORSI DI LAUREA IN "SCIENZE GASTRONOMICHE", aggiungendo una ulteriore scamorza alla lunga lista di pseudo scienze e pseudo lauree, inventate per fare cassetta).
. Chi possiede i pacchetti di azioni, di viaggi, di soggiorni, guadagna quello che vuole, ai restanti non resta che trottare e sorridere. Ma che società è ? Che società vogliono sfornare? Che cittadini ci saranno? Obbedienti e servizievoli, certo.
. Chi possiede i pacchetti di azioni, di viaggi, di soggiorni, guadagna quello che vuole, ai restanti non resta che trottare e sorridere. Ma che società è ? Che società vogliono sfornare? Che cittadini ci saranno? Obbedienti e servizievoli, certo.
Perciò non si dica mai più che non c’è un progetto d’insieme. C’è
un progetto che considera tutto come commestibile, pure noi, dal momento che
siamo già stati intortati e spennati a dovere.
GDB
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