Alla
ricerca della Firenze perduta e a nuova vita da restituire!
ponte del Romito
Mi spicco,
in un sabato assolato, dalla rotonda del Romito, e attraverso il Ponte dal 2016
degli Alpini mi immetto sulla sopraelevata via caduti di Nassiriya: quest'ultima
fa parte di un pacchetto di opere
accessorie per l'Alta Velocità, eseguite, pensate un po', solo 15 anni fa, che presenta ohimè il parapetto lato
ferrovia privo in gran parte delle
lastre della cornice, in evidente stato di degrado. Al termine della discesa ecco la postazione
ecologica, indi il Piazzale Montelungo, dove si respirano per un tempo che
sembra lunghissimo (e sono solo pochi minuti) gli effluvi e le esalazioni di decine di bus
extraurbani che qui sostano, spesso con i motori
accesi, in
attesa di ripartire con il loro carico di passeggeri, stipati sul
marciapiedi e sotto l'unica pensilina, fino alla torre in
laterizio che segna l'accesso alla rampa Gae Aulenti. Costruita quest'ultima per
i mondiali di calcio "Italia 90" per collegare la Fortezza da Basso alla Stazione di S. Maria Novella, oggi è divisa in un gate elettronico (E) a destra (accesso ai binari con biglietto
ferroviario) e in un cunicolo stretto e transennato a sinistra che costituisce
il percorso pedonale per raggiungere il
centro della città.
palazzina Reale
Questo cunicolo, che si snoda attraverso il parcheggio
delle Ferrovie, immette su via Valfonda,
poco prima della Palazzina Reale della quale non si può più godere la vista
dell'esedra con la vasca e il gruppo statuario dell'Arno e la sua vallata: un'alta inferriata bianca chiude infatti lo spazio scandito dagli
ultimi grandi pini (affogati in cubi bianchi e altre installazioni), aperto sul
piazzale della stazione, lato Piazza
Adua.
selva di pali in p.za stazione
Quest'ultima, grazie alla costruzione delle recenti linee tranviarie, si
è trasformata in una selva di pali neri (con il giglio in rosso) raccordanti
una ragnatela di fili aerei, sospesi sui pochi, poveri alberelli, piantati in
fretta e furia al posto dei grandi pini sui quali stormi di storni neri disegnavano in inverno
vivaci geometrie fantasmagoriche. I
pali neri e i fili aerei (da ultimo
oggetto da parte dei cittadini di aspre critiche, ma giudicati solo leggermente
impattanti dall'ultima Missione Consultiva UNESCO/ICOMOS) si allungano fino a
Piazza dell'Unità d'Italia (o Piazza Vecchia di Santa Maria Novella), confondendosi con l'obelisco degli architetti
Pini e Mazzanti e lacerando la sobrietà della facciata
posteriore e del campanile di S. Maria Novella,
già ormai stabilmente guastati
dalla cartellonistica pubblicitaria (ora è il turno del manifesto
Samsung) (vedi foto 1). Attraverso la
breve via degli Avelli (invasa dai turisti e dai venditori abusivi), che
costeggia il Cimitero di Plaona,
sempre pali
giungo in Piazza S. Maria Novella, dove un
tempo si svolgevano le corse dei cocchi (gli obelischi segnavano il percorso),
la Giostra del Saracino, il Giuoco del Calcio, ora privata della sua anima e
arredata con panchine dal design a dir poco discutibile. Procedo
veloce lungo il lato orientale della piazza tra folle di turisti in marcia nei
due sensi o sedute a ristorarsi nei
diversi dehors (uno sguardo fugace
alla facciata marmorea della Basilica, al Grand Hotel Minerva, alla loggia
dell'antico Spedale di San Paolo) e
imbocco la breve via del Sole, indi via
degli Strozzi per giungere in Piazza della Repubblica.
scavi in p.za Repubblica
Qui mi imbatto nei lavori di
"Riqualificazione Piazza della Repubblica e via Pellicceria".
Due cantieri chiusi da transenne e teli bianchi si allungano sui lati della
Piazza invasi dai dehors dei caffè
storici; ad occupare il restante spazio un piccolo luna park con una giostrina
per bambini (e relativo baracchino di
manovra) tutta oro , lucine e ghirigori . Sul
lato occidentale domina maestoso l'arco
di trionfo dell'architetto Vincenzo Micheli sul quale spicca l'iscrizione "L'antico centro della città da secolare
squallore a vita nuova restituito 1895", celebrativa piuttosto dello
"sventramento" del centro storico, una delle pagine più tristi della storia di
Firenze!
Tra
il 1888 e il 1895 caddero sotto i colpi
del piccone case, chiese, torri, logge medievali, il Ghetto, il Mercato Vecchio, nonché le
vestigia del foro, dei templi, delle
terme e delle abitazioni della città
romana: edifici e monumenti in parte illustrati nelle cartoline di Corinto
Corinti, in parte conservati nei discutibili assemblaggi del cortile e del
cortiletto dei Florentini ( Museo
Archeologico Nazionale), in larga parte distrutti senza che se ne potesse
conservare adeguata memoria.
ancora scavi
Durante
gli attuali lavori di riqualificazione, subito sotto il lastricato ottocentesco, accanto ai resti della vecchia
tramvia e dell'antica illuminazione a gas (vedi foto 2) ecco tornare alla luce i resti della chiesa di S.
Andrea con alcune sepolture, pozzi , cortili, cantine e case torri capitozzate nel
cantiere meridionale; le basi
dell'antica loggia del Pesce, un grande edificio quadrangolare , le botteghe e
la pavimentazione in cotto della
piazza del Mercato Vecchio nel cantiere
settentrionale (foto 3). Un breve saggio
in profondità ha confermato l'esistenza di strutture romane a poco più di un metro
dal piano attuale della piazza. Appena
cominciati, ma già interrotti gli scavi mirati
a indagare la città distrutta! I due cantieri stanno per essere chiusi e la
pavimentazione ripristinata per
permettere ai caffè storici che con i loro dehors
(al prezzo di 6000 euro ciascuno) occupano la Piazza, di portare avanti
al meglio le loro attività commerciali. Ancora una volta la città ferita cerca
di mandare segnali importanti e inequivocabili per riportare alla memoria e quindi alla coscienza vie, piazze, monumenti
e storie del passato (vedi anche la necropoli romana emersa in via Valfonda
durante i lavori per la tramvia, o la
fullonica in Piazza dell'Unità d'Italia, o ancora le vecchie botteghe in
Piazza dei Ciompi), ancora una volta la
città distratta (e impegnata a impiegare
diversamente le risorse pubbliche) non sa e non vuole cogliere l'opportunità di
proporre e portare avanti un vero
progetto culturale (basta per favore con le installazioni degli archistar o con
l'organizzazione di eventi !) : tutti insieme, istituzioni pubbliche, operatori
economici, cittadini, uniti per una
volta a domandare di conoscere la nostra storia. Una storia da tramandare alle generazioni future,
ma anche da raccontare, volendo, ad un turismo più selezionato e non a quelle
orde inconsapevoli e male educate che
consumano la città, la mangiano, la bevono, non la fanno respirare. Sono
passati quasi 30 anni dall'infausto epilogo degli scavi di Piazza della
Signoria (ricoperti dopo gli ampi e circostanziati interventi effettuati tra il
1982 e il 1989), quando ancora una volta la città perse l'occasione di mettere
mano alla ripavimentazione della Piazza, lasciando accessibili per il pubblico,
con percorsi sotterranei attrezzati, alcune parti almeno del complesso archeologico
ivi messo in luce: si affrontarono allora guelfi e ghibellini, cui si unirono
le grida e i plausi di tanti studiosi e intellettuali italiani e non (molti
protagonisti dell'epoca non ci sono più, mi piacerebbe, tuttavia, sentire cosa pensano oggi quelli ancora sulla
breccia), ma alla fine prevalsero gli
interessi di bottega dei tanti operatori
commerciali, infastiditi dai resti della città romana, dato che a parer
loro i turisti erano attratti esclusivamente dalla "città dei Medici e
degli Uffizi" (una miopia culturale tutta fiorentina nonostante in quegli
stessi anni si concludeva brillantemente la "musealizzazione" delle
fasi più antiche del Museo del Louvre, aumentandone così l'offerta culturale).
scavi in p.za Repubblica
“Non sospendiamo i lavori ma completiamo le opere dei
cantieri attualmente aperti sulla base delle aree svicolate dalla
Soprintendenza. Poi sulle altre zone interessate dal progetto di
riqualificazione interverremo a ottobre in modo da liberare la piazza nel
periodo estivo”. Così ha precisato in un comunicato qualche giorno fa
l'assessore alla mobilità Stefano Giorgetti: gli archeologi, si sa , fanno
saltare ogni programmazione, anche se si sapeva benissimo, e non da ora, quanto
poteva celare il sottosuolo di Piazza della Repubblica; vediamo quindi se per
una volta, unita, la città di Firenze torni a fare cultura, restituendo a nuova vita la città perduta, invece di
subire le culture (o non culture) altrui.
Le premesse non sono molto incoraggianti, ma vale
la pena tentare!
Lucia Lepore
Archeologa
giostra in p.za Repubblica